13 – KONKLUSIONI

A conclusione di questa sintetica panoramica non posso che soffermarmi sul nome del blog, cosa a cui tengo particolarmente.

AKNALE pare abbia un significato: FINESTRA.

Lo ha detto Google e non io, so solo che ho sognato qualcosa un anno fa, era un sogno nel quale una persona che si chiama esattamente come me (Antonio) mi indicava un percorso e svegliandomi ho ricordato il suo volto ed una sola parola: aknale appunto. Pronunciata con fermezza, come ad incitarmi a non mettere mai in secondo piano niente.

Non mi è sembrata una pessima idea entrare in confidenza con Aknale, è diventata parte della quotidianità fino a prendere la forma di un blog e poi di altre ricerche.

Questo per il suono della parola, per me attraente ed anche perché una finestra diventa un eccellente punto di osservazione di molti fenomeni.

Se non potessimo uscire di casa, come è accaduto a causa del Covid – 19, avremmo (come abbiamo avuto nelle giornate di lockdown) le finestre delle nostre case per poter osservare il mondo esterno.

Ho trovato “nella mia” finestra (i luoghi di lavoro) l’input per rivedere la mia quotidianità lavorativa e, senza che vi fosse una intenzionale necessità di ricercare ulteriori progetti, sono esplose altre iniziative.

Questo solo perché la prospettiva è cambiata, semplicemente questo!

Antonia

12 – Screditamento

Concludo con il dodicesimo argomento che funge da collante.

Con le problematiche ambientali abbiamo messo in evidenza le mancanze che portano al malcontento del dipendente nei confronti dell’azienda.

Con la malattia per dispetto abbiamo trattato le difficoltà a cascata che genera il comportamento scorretto del singolo.

Ora possiamo forse concludere che se esiste la sopportazione di chi tollera un pessimo ambiente e se persiste la sfrontatezza di chi solo con la malattia riesce a custodire il posto di lavoro è dovuto anche alla carenza di informazioni che caratterizza la posizione dipendente.

Non sarà questo il blog a colmare ogni lacuna.

Questo è uno strumento che offre spunti e stimoli ad approfondire la propria posizione, ad incentivare la preparazione per affrontare con serenità quello che può essere un cambiamento che rischia di allontanarci dalla zona confort dell’impiego sicuro.

Non vi sono altri blog simili, orientati solo a mettere al primo posto il dipendente (o candidato).

Perché questa grande importanza? Perché è quella che favorisce anche il benessere di un altro soggetto: l’azienda!

La consapevolezza di poter continuare a crescere, a migliorare fino al giorno del pensionamento dovrebbe essere insita nelle scelte del dipendente consapevole, quindi approfondire le tematiche proposte non fa che accrescere la “forza contrattuale del dipendente”.

Consente una gestione snella del rapporto di lavoro, sotto ogni aspetto, ma è anche un contributo alla funzione HR, sommersa da richieste che chiunque sarebbe pienamente in grado di esaudire autonomamente solo soffermandosi sul contratto applicato, sulle conseguenze delle proprie azioni a lavoro, sulla organizzazione della ricerca di una valida alternativa etc…

Non mi dilungo richiamando quanto esposto nei precedenti 11 argomenti.

Screditare la propria azienda è screditare se stessi, ne consegue solamente un frivolo stato di liberazione, senza alcun appagamento e conviene sempre evitare un simile comportamento poiché anche una metropoli è microscopica nel nostro mondo digitalizzato.

Nessun futuro datore, nessun futuro collega vi potrebbe apprezzare sapendo con quanta superficialità avete screditato, con soggetti totalmente estranei alla realtà lavorativa, la vostra quotidianità e ripeto: di chiacchiere da bar ne potrete fare tante, altrimenti fate come gli anziani e chiacchierate sul maltempo…

“Stavo prendendo una birra con due perfetti estranei ed una amica quando uno di loro mi chiede di cosa mi occupavo in azienda. Ho detto grandi linee quali fossero le mie mansioni, lui mi ha risposto che conosceva molto bene un mio collega, talmente bene che questo collega gli aveva raccontato particolari imbarazzanti sul conto dell’azienda e lo aveva anche introdotto in prossimità dell’azienda in un’occasione non opportuna.”

Ho solo ed esclusivamente pensato a quanto fosse stato patetico il mio collega, superficiale, come se non si curasse assolutamente del benessere dell’azienda che gli consente di avere una macchina, degli hobbies, le vacanze estive e tutto il resto.

Un’azienda deve progredire e non regredire, lo stesso devono fare i dipendenti e quando non serve “sputare nel piatto in cui si mangia” si torna al Medioevo…

Difendere l’ambiente è un dovere verso la vita

11 – Eventi

Malattia, infortunio, maternità … questi i principali, presenti nella vita lavorativa.

Non dovrebbero essere aggiunti aggettivi che descrivono gli eventi eppure vi è un caso frequentemente diffuso: mettersi in malattia quando malati non si.

La malattia per dispetto!

Capita che un dipendente a causa di difficoltà lavorative (esasperazione causata da eccessivi straordinari, stress in ufficio, etc…) decida di mettersi in malattia e restarci finché lo reputa necessario per il suo stato.

L’esasperazione sul posto di lavoro ci trasforma, ci rende peggiori e la responsabilità è da imputare principalmente a chi non “entra in gioco quando serve”.

Senza ombra di dubbio non è professionale. Se si ripiega alla malattia per dispetto si apre la strada ad un rapporto con il datore che può solo degenerare e soprattutto il dipendente, che opta per questa scelta, manifesta un’altra volontà: quella di non essere intenzionato mai a ricercare un altro impiego, di interessarsi esclusivamente allo stipendio, periodicamente bonificato sul conto corrente.

Chi sarebbe sereno lavorando con un collega che si comporta in questo modo?

Potremmo reputalo affidabile?

NO, conseguentemente cercheremmo di essere autonomi più possibile per non rischiare di ritrovarsi, di punto in bianco, a non averlo in ufficio perché ha deciso di mettersi in malattia da “malato immaginario”.

In questi casi per l’azienda c’è poco da fare, se non ci sono gli estremi per il licenziamento si vede costretta a tenersi “a bordo” una “zavorra” ed anche a cercare la giusta collocazione perché non diventi l’intralcio di qualcun altro…

Lo spessore delle persone si misura in correttezza

10 – Ambiente

Quanto può essere “nocivo” l’ambiente lavorativo?

Quanto questa situazione è da imputare al dipendente?

Quanto al datore?

Come i colleghi anche l’ambiente deve consentire la serena convivenza fra i soggetti, al fine di non disattendere mai le aspettative aziendali e collaborando in maniera opportuna con il proprio team.

In pratica questa è, nella maggior parte dei casi, solo una speranza!

Quando la situazione è stabile c’è poco da fare, si deve solo lavorare, ma se si presentano delle problematiche ambientali si può correre il rischio di avere una quotidianità lavorativa scomoda che, in casi estremi, diventa insopportabile.

In questi casi sarebbe conveniente soffermarsi a valutare attentamente il proprio operato, il proprio atteggiamento per capire se, singolarmente, apportando alcune modifiche al proprio modo di lavorare si può ripristinare la situazione.

L’errore che non dovrebbe mai commettere un dipendente è di colpevolizzarsi o essere arrendevole, d’altronde il rapporto di lavoro vede protagonisti due soggetti: quello che presta lavoro e quello che lo deve remunerare, perché necessario a portare avanti l’attività.

Chi non ha ben chiaro quanto sia valido il suo contributo in azienda non potrà mai difendere adeguatamente la propria posizione, rischiando di limitarsi a lamentare costantemente il malessere con il quale convive.

Ci sono infiniti modi di tutelarsi anche in queste situazioni.

Ad esempio conoscere il proprio inquadramento e ciò che sta a significare il livello e le mansioni associate allo stesso ci assicura di poter pretendere di attenersi a quelle specifiche mansioni. Non si tratta di ritagliarsi una spazio, ma di prendersi esattamente quello spazio definito dal contratto di lavoro stipulato.

Dimostrare, rispettosamente, di conoscere questi aspetti consente di intervenire senza troppi sforzi migliorando le condizioni lavorative.

Quando il singolo non è in grado di ottenere il risultato attesa non resta che rivolgersi al diretto responsabile, confidando non sia proprio questi la causa dell’aria irrespirabile.

Lui DEVE intervenire.

In fondo rientra appieno fra le sue competenze, non può in alcun caso “lasciar correre”, come se fosse un temporale estivo di passaggio, perché il ruolo che riveste gli impone di essere capace anche e soprattutto quando l’ambiente non è dei migliori.

Non conviene soffermarsi di più sulla figura suddetta, non basterebbero poche righe ad evidenziare alcune sue caratteristiche.

Ma, in assenza di un referente che possa definirsi tale, non resta che richiamare l’attenzione dell’HR.

Si dovrà attendere un riscontro da parte di questi e se persiste il disinteresse oppure si sorvola sulle lamentele non vi è che una soluzione: valutare di salutare l’azienda.

L’uomo ha scoperto la bomba atomica, però nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi

9 – HR

L’ufficio deputato a valutare il personale è certamente sottoposto costantemente allo stesso trattamento dai dipendenti.

Considerazioni sull’operato dell’HR e del personale si spendono reciprocamente. Il confine perde importanza come è giusto che sia dal momento che anche il personale HR rientra fra i “colleghi” e non ha nulla di eccezionale!

Nel trattare HR, per questa volta e con le intenzioni sempre orientate ad agevolare chi NON ha il coltello dalla parte del manico, mi sofferto su alcuni punti chiave.

Prima di ogni cosa teniamo presente che le persone all’interno dell’ufficio più importante dell’organizzazione sono contraddistinte da una serie di competenze, riassumibili in attività:

  • Ricerca e selezione;
  • Formazione del personale;
  • Amministrazione del personale;
  • Elaborazione e consulenza buste paga;
  • Rapporti con gli Enti;
  • Organizzazione di eventi;
  • Budget e report;
  • Varie ed eventuali.

Se non sono esternalizzati dei servizi, che necessitano delle suddette competenze, ogni organizzazione dovrebbe avere in HR figure che siano in grado di portare avanti tutte le attività.

Diciamo che, nella maggior parte dei casi, non si può esaudire ogni richiesta per cui collaborazioni con altri professionisti o altre realtà sono all’ordine del giorno, al fine di evitare che vi siano intoppi.

Spesso i dipendenti o i candidati credono che le persone dell’HR siano interscambiabili, questo per “n” ragioni: non sempre i ruoli sono chiari o definiti, neppure agli addetti ai lavori e quindi si può sorvolare sulla confusione che manifestano nei loro confronti.

Alcuni reputano HR come l’ufficio che “non serve” e, conseguentemente, non vi sono investimenti utili al miglioramento ed a consentire vengano erogati i servizi a tutti gli interessati in maniera efficace ed efficiente.

Ma HR è un “biglietto da visita”, da modellare perché permetta venga espressa una immagine corretta ed invitante dell’organizzazione per i candidati, un aspetto rassicurante per i dipendenti. Se questi elementi passano in secondo piano o, nella peggiore delle ipotesi, sono del tutto ignorati la prima a perdere qualcosa è l’organizzazione aziendale nel suo insieme.

Trattandosi di risorse umane si deve tenere in considerazione cosa le risorse HR fanno, in che modo, come impattano sulle altre attività, l’autorevolezza dei componenti del team, la conoscenza della realtà aziendale specifica, del contesto in cui si opera, del territorio in cui è presente (sede legale e altre sedi operative e non).

In buona sostanza l’HR deve conoscere quanto più possibile ogni informazione riguardi l’organizzazione ed i dipendenti.

Perché il punto di forza diventa la capacità di carpire le informazioni importanti per migliorare il clima aziendale. HR dovrebbe essere il “prete della parrocchia aziendale che assolve tutti, ma sfrutta ogni spunti per il sermone periodico”!

Senza le informazioni le attività elencante nei paragrafi precedenti vengono evase in maniera soltanto efficace e non efficiente. O addirittura non vengono neppure evase.

La difficoltà di ogni ufficio HR è di relazionarsi nella maniera opportuna con l’intera popolazione aziendale. Non sono degli eletti che non entrano in contatto con i comuni mortali …

L’incentivo al potenziamento dell’HR deve sì partire da chi ha potere di intervenire e indicare la direzione da prendere, ma il contributo affinché ciò avvenga DEVE essere dell’HR stesso.

È il “filtro aziendale” anche, fra organico e vertice aziendale.

Non sono ammessi errori in fase di elaborazione buste paga, non si può sorvolare se l’atteggiamento non è orientato all’ascolto. Ci sono tanti errori che non si perdonano a HR e sui quali HR deve trovare le soluzioni tempestive.

Dovendo intervenire in situazioni, a volte, difficili l’HR si dovrà contraddistinguere per le capacità di ascolto e reattività sempre, anche mentre si è in pausa caffè alle macchinette!

Un buon biglietto da visita HR deve essere lo specchio dell’organizzazione, quindi osservate attentamente HR per farvi una chiara idea del posto di lavoro in cui siete o sarete impiegati e sentitevi liberi di trarre delle conclusioni.

Parlare poco e ascoltare molto

Interview

Come anticipato in occasione della pubblicazione dell’articolo “IL RITORNO” (si suggerisce di rileggerlo prima di continuare la presente lettura!) è stato chiesto un contributo a chi in azienda ha deciso di ritornarci a seguito di una proposta inaspettata.

Per delineare la situazione risulta necessario evidenziare cosa NON ci interessa considerare:

  • sapere se l’intervistato era inoccupato oppure no, perché questo implicherebbe ulteriori chiarimenti non importanti in questa sede;
  • conoscere la sua situazione personale/familiare, che nella maggior parte dei casi influenza le scelte lavorative quindi risulterebbe inutile;
  • approfondire i rapporti con l’ex datore e gli ex colleghi, dal momento che non sarebbe mai inviato a rientrare chi non risulterebbe ben accetto.

Seguono domande e risposte frutto dell’incontro con la persona intervistata, alla quale ho chiesto questo contributo solo per fornire spunto ai lettori.

La ringrazio per la disponibilità e l’apertura mentale offerta!

1_ È stata effettuata, in precedenza, una selezione per ricoprire il ruolo?

NO

2_ Si tratta di rientrare in sostituzione di un dimissionario o di una risorsa licenziata dall’azienda?

NO

3_ Quale è il clima in ufficio?

PERCEZIONE DI UN’AZIENDA PROPENSA AD INVESTIRE SUL PERSONALE TRAMITE NUOVI INGRESSI

4_ Vi sono criticità che non sono state risolte o attività ulteriori cui deve rispondere l’entrante?

LE CRITICITA’ ESISTENTI IN PRECEDENZA NON ERANO STATE AFFRONTATE

5_ Le ragioni per le quali ci si era dimessi in passato possono ancora influenzare la permanenza in azienda per l’ex dipendente?

LE RAGIONI NON HANNO INFLUITO POICHE’ ELABORATE DALL’INTERVISTATO

6_ Quale è l’atteggiamento dell’ex datore in sede di formulazione della proposta?

CONTENTEZZA

7_ Quale è l’atteggiamento di quest’ultimo a seguito della richiesta di precisazioni?

TOTALE TRASPARENZA

L’intervistato di fronte alle domande ha riflettuto per ricostruire gli eventi, perché non ha rivolto queste domanda all’ex datore, se non in minima parte.

Non era fra le sue intenzioni approfondire maggiormente eppure la conversazione ha consentito di avallare l’utilità di adottare l’atteggiamento proposto nell’articolo.

Riflettere, raccogliere maggiori informazioni, chiedendo quanto sopra a chi può fornire riposte (ed anche il rifiuto dell’ex datore di rendersi disponibile a questo confronto è informazione!).

Elaborare le informazioni e riflettere nuovamente.

Infine: decidere!

Concludo con una osservazione che è certamente l’elemento più importante per chi scrive. Autore dell’osservazione però è stata la persona intervistata.

Mi ha riferito che, in relazione alla prima domanda, emerge una dicotomia che cattura la sua attenzione:

Perché non è stato avviato un processo di selezione?

Perché non è stato trovato alcun sostituto?

7 – Documenti iniziali

In sede di assunzione ci vengono sottoposti i documenti da dover sottoscrivere e far ritornare all’azienda, è giusto conoscere quelli comuni a molti impieghi per la semplice ragione che soventemente non è una persona dell’ufficio paghe a consegnarli, ma il responsabile diretto a cui si riporta.

Questi, di norma, non conosce i dettagli della documentazione che è chiamato a consegnare al neo assunto.

Contratto di assunzione: il contratto è da sottoscrivere in duplice copia ed al dipendente resta una di queste sottoscritta dal datore di lavoro.

Nel caso in cui fosse stata precedentemente predisposta una LOI (lettera di impegno all’assunzione), la lettera di assunzione non deve differire da quest’ultima, se non per dettagli come il calendario che non sempre è riportato nella LOI.

La lettera di assunzione deve avere data coincidente o antecedente la data di assunzione, non può riportare data firma successiva al primo giorno lavorativo concordato nella stessa. In alcuni casi sono riportate delle clausole specifiche, che riguardano l’azienda, da leggere attentamente.

Soffermarsi anche sul diritto di precedenza evidenziato nel documento, questo diritto spetta al lavoratore assunto a tempo determinato e consente allo stesso di far valere le proprie pretese entro un lasso di tempo nel caso in cui l’azienda assuma alle proprie dipendenze altro personale, a tempo indeterminato, con le stesse mansioni cui è adibito il neo assunto.

Modulo TFR: la modulistica TFR deve essere compilata e fatta ritornate firmata all’azienda entro 6 mesi dall’assunzione e consegnare il documento al neo assunto il primo giorno di lavoro evita di doverlo poi rincorrere a ridosso della scadenza suddetta.

Fondamentalmente il modulo TFR deve fornire indicazione della scelta di destinazione del proprio TFR, indicando se lo si vuole lasciare in azienda oppure versarlo ad un fondo di previdenza complementare cui si è iscritti.

La valutazione sulla scelta più conveniente è onere del dipendente che può rivolgersi, prima di comunicare la scelta definitiva, ad una compagnia assicurativa per valutare come procedere dopo aver ricevuta da questi una proposta dettagliata di iscrizione.

Nel caso in cui la scelta sia di lasciare il TFR in azienda non è necessario fare nient’altro, mentre se si opta per l’alternativa della previdenza complementare dovrà essere consegnato anche il modulo di iscrizione all’ufficio paghe, perché provveda al bonifico periodico tramite le credenziali di accesso al portale ricevute dal neo assunto e presenti nel modulo di iscrizione.

La scelta di destinare il TFR in azienda è reversibile, mentre quella di destinarlo a forma di previdenza complementare non lo è, ciò significa solamente che non si può, dopo aver deciso di destinare il proprio TFR a altra forma, richiedere di lasciarlo in azienda.

Cambiare fondo di previdenza è, invece, sempre possibile.

Si consiglia di conservare una fotocopia del modulo di destinazione TFR.

Modulo detrazioni da lavoro dipendente: altro documento da compilare e far ritornare firmato all’azienda è il modulo riguardante le detrazioni, nel quale il neo assunto può dichiarare di non voler usufruire delle detrazioni calcolate, automaticamente, in base al reddito percepito e, all’interno del modulo, bisognerà indicare se il reddito da considerare è solo quello da lavoro dipendente o se vi rientrano anche altri.

Le detrazioni da lavoro dipendente sono applicate in maniera inversamente proporzionale al proprio reddito; in sintesi maggiore sarà il reddito e minori saranno le detrazioni lavoro dipendente cui si avrà diritto.

Ma nel capitolo dedicato al LUL vi è un esempio numerico di calcolo delle stesse che può essere utile ai fini del controllo della propria busta paga.

Modulo TIR o ulteriore detrazione: se fino allo scorso anno si era tenuti alla compilazione del modulo relativo al noto Bonus Renzi, a decorrere dal luglio 2020 non si deve più tenere presente questa misura perché sostituita dal TIR (trattamento integrativo di retribuzione) o dall’ulteriore detrazione, che sono alternative l’una all’altra dipendendo dalla fascia di reddito in cui ci si colloca.

Il Bonus Renzi, fino al giugno 2020, prevedeva che nel caso in cui l’Irpef dovuta fosse superiore alla detrazione per lavoro dipendente, venisse riconosciuto un credito Irpef rapportato al periodo di lavoro nell’anno (che non concorre alla formazione del reddito imponibile sul quale calcolare i contributi contro dipendente) come segue:

  • 480 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 24.600 euro;
  • 480 euro, se il reddito complessivo è superiore a 24.600 euro ma non a 26.600 euro. Il credito spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 26.600 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 2.000 euro.

Con il TIR o l’ulteriore detrazione, potremmo riassumere:

  • il trattamento integrativo (che ammonta a 100 euro mensili) spetta a chi possiede un reddito complessivo di lavoro dipendente e assimilato (sono esclusi i redditi di pensione ed alcune voci di reddito assimilato), sino a 28mila euro annui;
  • ai titolari di reddito di lavoro dipendente e assimilati superiore a 28.000 euro e fino a 40.000 euro, la detrazione Irpef parallela al bonus di 100 euro è l’ulteriore detrazione e sarà calcolata in base al reddito complessivo e al periodo di lavoro.

In pratica se con il Bonus Renzi era prevista una misura che interessava i redditi fino a 26.600,00, da metà 2020 vi sono due misure che complessivamente coprono fasce di reddito fino a 40.000,00.

Altre informazioni da fornire all’ufficio paghe per gli adempimenti e ulteriori documenti non sempre richiesti:

  • IBAN, residenza e domicilio del neo assunto;
  • Accordo di non divulgazione ove richiesto (detto anche accordo di riservatezza, accordo di confidenzialità, o accordo di segretezza);
  • Incarichi ulteriori inerenti la mansione all’interno dell’azienda;
  • Piano formativo individuale, redatto dall’azienda, per coloro che sono assunti con contratto di apprendistato professionalizzate.

È buona regola informarsi in occasione dell’inserimento sulla modalità prevista per la richiesta di ferie e permessi.

La curiosità è tanto imparentata all’attenzione, quanto l’attenzione lo è alla memoria

6 – Il Ritorno

Perché ritornare a lavorare presso l’ex datore?

Per rispondere alla domanda utilissimo sarà il contributo di chi questa decisione l’ha già affrontata in passato, ma non prima della prossima settimana!!!

A questa persona verrà chiesto di darci una opinione sui pro e i contro che l’articolo si propone di suggerire, per integrare gli stessi con delle personalissime considerazioni frutto dell’esperienza sul campo.

Ma inquadrare la situazione esige una precisazione, che verte sulla modalità di ritorno e con questa intendo soffermarmi sul soggetto da cui l’iniziativa parte, se l’ex dipendente o l’ex datore, sottintendendo che la realtà organizzativa aziendale non abbia subito variazioni nel frattempo:

  • Non è mutato il management;
  • Non vi è una proprietà diversa;
  • Non si tratta di essere adibiti ad attività differenti da quelle svolte nel precedente rapporto con l’azienda;
  • Non vi è una sostanziale differenza economica, in termini di retribuzione lorda annua.

In uno scenario di questo tipo è evidente che il vantaggio principale risiede nel fatto stesso di ritornare.

La nostra lista pro e contro è quella del dipendente al quale è proposto di “ritornare a casa”, non il caso in cui sia quest’ultimo a farsi avanti per rientrare.

La ragione di questa scelta è dovuta alla necessità di non affrontare il fenomeno, frutto della decisione del singolo di farsi avanti, che è senza ombra di dubbio strettamente connesso a valutazioni personali.

Forse, come accade frequentemente, una sorta di rimedio.

A seguito della ricezione di una proposta di rientro da parte dell’ex datore il lavoratore è chiamato a stilare una lista di domande connesse all’accettazione della stessa.

Domande da rivolgere anche all’ex datore:

  1. È stata effettuata, in precedenza, una selezione per ricoprire il ruolo?
  2. Si tratta di rientrare in sostituzione di un dimissionario o di una risorsa licenziata dall’azienda?
  3. Quale è il clima in ufficio?
  4. Vi sono criticità che non sono state risolte o attività ulteriori cui deve rispondere l’entrante?
  5. Le ragioni per le quali ci si era dimessi in passato possono ancora influenzare la permanenza in azienda per l’ex dipendente?
  6. Quale è l’atteggiamento dell’ex datore in sede di formulazione della proposta?
  7. Quale è l’atteggiamento di quest’ultimo a seguito della richiesta di precisazioni?

Quanto sopra aiuta il dipendente a produrre la sua lista di pro e contro, perché scriverla è una buona abitudine, per costruire un quadro chiaro e consentire una scelta consapevole e conveniente.

Ad ogni quesito una risposta ed a ogni risposta una riflessione, il processo evolve in questo modo lineare proprio in favore di raggiungere un adeguato livello di informazioni, dal momento che l’accettazione comporta un nuovo stravolgimento lavorativo che accompagna la quotidianità e la vita pur non essendo irreversibile.

Sarà il contributo della prossima settimana a fornire un esempio pratico dell’oggetto del presente articolo…

Gli uomini sognano più il ritorno che la partenza

5 – La Controproposta

Per introdurre l’argomento del giorno ho optato per l’utilizzo di un valido strumento ossia il sondaggio, col supporto anche della statistica descrittiva (sintetizzando sommariamente le rilevazioni effettuate su una popolazione di 15 individui).

Sono state coinvolte delle persone che, senza sentirsi minimamente a disagio, hanno risposto alle seguenti 8 domande.

Difficilmente avrei potuto proporre un sondaggio più corposo ed articolato ai miei volontari e volenterosi conoscenti, avrei rischiato di perdere completamente di vista quello che è l’obiettivo: quanto vale una controproposta?

Al fine di facilitare un confronto, attraverso la metodologia deduttiva, le risposte possibili sono state esclusivamente quattro: “decisamente si”; “decisamente no”; “più si che no”; “più no che si”.

A Sei soddisfatto delle mansioni cui sei adibito presso l’attuale datore?

  1. Decisamente si
  2. Decisamente no
  3. Più si che no
  4. Più no che si

B Ritieni che la RAL sia adeguata?

  1. Decisamente si
  2. Decisamente no
  3. Più si che no
  4. Più no che si

C L’ambiente in azienda influisce positivamente sul tuo rendimento?

  1. Decisamente si
  2. Decisamente no
  3. Più si che no
  4. Più no che si

D L’ambiente in azienda influisce positivamente sul tuo stato d’animo o sull’umore?

  1. Decisamente si
  2. Decisamente no
  3. Più si che no
  4. Più no che si

E Se ti venisse richiesto di effettuare delle ore di straordinario (diciamo 3) ogni settimana accetteresti?

  1. Decisamente si
  2. Decisamente no
  3. Più si che no
  4. Più no che si

F Hai valutato delle alternative lavorative negli ultimi 6 mesi?

  1. Decisamente si
  2. Decisamente no
  3. Più si che no
  4. Più no che si

G Una proposta presso altre realtà con un inquadramento e di conseguenza RAL più favorevole ti potrebbe portare a rassegnare le dimissioni?

  1. Decisamente si
  2. Decisamente no
  3. Più si che no
  4. Più no che si

H Se il tuo attuale datore ti offrisse un aumento retributivo oppure un passaggio di livello per farti restare in azienda accetteresti?

  1. Decisamente si
  2. Decisamente no
  3. Più si che no
  4. Più no che si

Prima dei risultanti del sondaggio e delle considerazioni che ci fornisce in merito alla valutazione della controproposta, presento gli intervistati, permettendomi una “violenza verbale” aggiungo “statisticamente”!

Ordine (non potendo inserire il nome attribuiremo una numerazione cardinale, per distinguerla da quella ordinale dell’azienda)EtàAnzianità lavorativa presso attuale datore di lavoroAzienda (Numerazione ordinale e non ragione sociale per evidenziare se alcuni intervistati sono anche colleghi)
Intervistato 15222Prima
Intervistato 2506Seconda
Intervistato 3232Seconda
Intervistato 43210Terza
Intervistato 5321Quarta
Intervistato 6315Quinta
Intervistato 75637Sesta
Intervistato 84317Settima
Intervistato 9503Prima
Intervistato 10272Ottava
Intervistato 11255Nona
Intervistato 12232Decima
Intervistato 13428Undicesima
Intervistato 145813Dodicesima
Intervistato 15191Tredicesima

Volutamente l’età varia abbastanza e lo stesso può dirsi per l’anzianità lavorativa.

La ragione è stata quella di ricercare un insieme di persone che potesse rappresentare al meglio la popolazione lavorativa, ma anche quella aziendale in minima parte poiché alcuni individui condividono non solo il sondaggio, ma anche il datore di lavoro!

Ed ora possiamo presentare i numeri!!!

Sotto seguono le 8 domande, a destra le possibili risposte.  Decisamente si  Decisamente no  Più si che no  Più no che si
A Sei soddisfatto delle mansioni cui sei adibito presso l’attuale datore?    4  5  4  2
B Ritieni che la RAL sia adeguata?    2  7  3  3
C L’ambiente in azienda influisce positivamente sul tuo rendimento?    10  2  3  0
D L’ambiente in azienda influisce positivamente sul tuo stato d’animo o sull’umore?    5  6  3  1
E Se ti venisse richiesto di effettuare delle ore di straordinario (diciamo 3) ogni settimana accetteresti?    6  7  2  0  
F Hai valutato delle alternative lavorative negli ultimi 6 mesi?    9  6  0  0
G Una proposta presso altre realtà con un inquadramento e di conseguenza RAL più favorevole ti potrebbe portare a rassegnare le dimissioni?      6      4    2    3
H Se il tuo attuale datore ti offrisse un aumento retributivo oppure un passaggio di livello per farti restare in azienda accetteresti?      7    1    5    2

All’interno di ogni cella il numero di intervistati che ha risposto allo stesso modo al quesito. Nessuno si è rifiutato di rispondere, nonostante potesse, ma questo è anche scontato poiché le ultime due alternative possono equivalere ad una non-risposta essendo caratterizzate dall’indecisione.

Si comprende che la popolazione intervistata si compone di individui con esigenze differenti fra di loro, la variabilità delle risposte ne è una dimostrazione.

Dal momento che il punto di arrivo è quello di capire quanto conta per un dipendente ricevere una controproposta più conveniente è chiaro che la sequenzialità delle domande non è casuale, bensì causale!

Come se si procedesse in maniera più dettagliata, sono partita dalla posizione lavorativa (soddisfazione economica e professionale) per arrivare alla domanda H e le risposte, in percentuale, ci raccontano che…

  In valore assoluto  7  1  5  2
  In percentuale  47%  7%  33%  13%
  • Il 47% degli intervistati (più della metà quindi!) accetterebbe una controproposta restando in azienda se solo il datore di lavoro proponesse un adeguamento economico favorevole o, addirittura, soltanto un passaggio di livello;
  • Un individuo, invece, non accetterebbe neppure di fronte ad una controproposta più conveniente, quindi credo si tratti di qualcuno prossimo all’invio della lettera di dimissioni;
  • Potremmo concludere che il peso della controproposta e l’importanza della stessa è considerevole per i dipendenti, perché, di fatto, “ci tengono” al proprio datore (considerando poi che il 40% sarebbe fermamente disposto a restare in azienda 3 ore in più a settimana, direi che fidelizzarsi il capitale umano presente non debba costituire un problema enorme!).

Il sondaggio è solo una brevissima parentesi, che si presta ad ulteriori approfondimenti (ad esempio valutare quanto incidono le caratteristiche personali sulle risposte date oppure dare un valore all’appagamento professionale ecc) però preferisco concludere con una domanda, che è spunto di riflessione:

Nel caso in cui accettiate la controproposta del vostro datore di lavoro, come vi comportereste con lo stesso in seguito, sapendo che solo una proposta di lavoro lo ha convinto a venirvi incontro? Ed ancora come vivreste l’opportunità mancata, frutto del rifiuto della proposta alternativa originaria?

Di tentativi non si muore mai

4 – Il Cedolino

Il lul è anche il cedolino, è anche la busta paga.

Obiettivo elementare è spiegare come vengono calcolati i contributi e le imposte a carico del dipendente, avvalendosi di un esempio.

Contributi e imposte sono ciò che incide maggiormente sul netto in busta erogato al prestatore di lavoro.

Risulterà estremamente semplice arrivare a questo netto, in maniera pressoché autonoma, per poter mensilmente ripetere il controllo e far presente all’ufficio preposto ogni dubbio.

Esempio di LUL

La parte superiore del LUL è la testata. Di questa può interessare controllare il livello riportato (corrispondente a quello concordato nella lettera di assunzione o nell’ultima lettera di variazione del livello), per calcolare gli scatti maturati ed anche verificare quando avverrà il prossimo. Il numero degli scatti è previsto dal CCNL applicato e lo stesso vale per la decorrenza.

Nel cedolino di esempio, di cui ci stiamo servendo, non vi è alcuna maturazione di scatti, perché trattasi di recente assunzione.

Mancano anche altri elementi che nella retribuzione lorda mensile potremmo trovare, ad esempio:

  • Superminimo non assorbibile
  • Superminimo assorbibile
  • Premio
  • Ecc..

Il corpo del cedolino, ossia la parte centrale, è la “fotografia del mese”.

Oltre a riportare le retribuzione lorda, vi sono anche esposte voci connesse ad eventi (l’esempio sopra riporta FERIE GODUTE e PERMESSI GODUTI a Marzo 2020).

Il c.d. Bonus Renzi, gli 80 euro evidenziati ingiallo, non sono soggetti a contribuzione quindi non vi calcoliamo i contributi a carico del dipendente. Inoltre dal luglio 2020 il Bonus è stato superato da un’altra misura: TIR o ulteriori detrazioni.

Su questi ultimi faremo cenno a parte, essendo calcolati su fasce di reddito diverse.

Dall’imponibile contributivo, secondo l’aliquota contributiva INPS specifica, ricaviamo l’importo dei contributi dovuti dal dipendente, che verranno trattenuti dalla retribuzione del mese.

Retribuzione lorda – contributi conto dipendente – irpef netta – addizionali = netto in busta.

L’irpef netta o imposta netta si determina calcolando l’irpef lorda sull’imponibile fiscale al netto delle detrazioni da lavoro dipendente e per oneri a carico (dovuti a figli o coniuge a carico).

Esempio di calcolo IRPEF lorda (imponibile mensile)

Imponibile fiscale 1.534,88

1.250,00 x 23% = 287,50

1.534,88 – 1.250,00 = 284,88

284,88 x 27% = 76,9176

287,50 + 76,9176 = 364,4176

Esempio di calcolo detrazioni da lavoro dipendente (imponibile annuale)

In questo caso il calcolo delle detrazioni è su base annuale quindi dobbiamo moltiplicare l’imponibile fiscale per il numero mensilità che nel caso CCNL Commercio, ad esempio, sono 14.

Retribuzione annuale 1.534,88 x 14 = 21.488,32 per cui il reddito complessivo rientra nella seconda casistica “da € 8.001 a € 28.000”.

Ne consegue:

978 + 902 x (28.000,00 – 21.488,32) / 20.000,00 = 1.271,6767

1.271,68 / 365 = 3,484 perché le detrazioni dovranno essere divise per 365 giorni e moltiplicate per i giorni del mese (per cui per 31 giorni essendo Marzo).

3,484 x 31 = 108,005 importo delle detrazioni da lavoro dipendente del mese di marzo 2020.

Quindi non è poi così complicato arrivare al netto in busta e“leggere” la propria busta paga non appena disponibile!

«Il denaro è come la carta igienica. Quando serve, serve con una certa urgenza!»

Upton Beall Sinclair, 1927.

3 – Colleghi – parte prima

Di fondamentale importanza per consentire un buon rendimento è la piacevole convivenza lavorativa, anche in occasione dell’uscita dall’azienda.

Il rapporto di lavoro dovrebbe essere impostato in maniera accurata, poiché a prevalere deve essere l’interesse alla conservazione del posto di lavoro. Ciò sta a significare che la professionalità è d’obbligo (anche nei confronti di colleghi che non la considerano tale) per favorire una buona prosecuzione delle attività ed anche una piacevole dipartita.

Non raramente in ufficio si istaurano rapporti più stretti ed anche relazioni di coppia, ma queste non hanno ragione di compromettere la collaborazione che dovrebbe esser posta sempre al primo posto. Per questo, anche in occasione dell’uscita dall’azienda, il dimissionario deve spendere le giuste parole, cercando di non lasciar trapelare le motivazioni personali che hanno portato lo stesso a decidere di intraprendere un altro percorso.

Chiunque si dimetta prova un gradevolissimo senso di liberazione, gli ultimi giorni sul posto di lavoro sono quelli più sereni, sapere che c’è altro a cui puntare, nonostante i timori riguardanti il nuovo, è di aiuto. Si acquisisce sicurezza in sé stessi, si riceve inaspettato riscontro da parte dei “coinquilini dell’appartamento azienda” e si viene a conoscenza anche della reale opinione che loro hanno nei nostri confronti.

Diventa stranamente divertente ascoltare le esternazioni altrui, facilmente si corre il rischio di lasciarsi andare ed ovviamente, data la curiosità che contraddistingue molti.

Si danno informazioni riservate, in merito alla propria decisione, che non dovrebbero essere a conoscenza di altri oltre che del datore di lavoro fino al giorno di cessazione.

Successivamente a questo fatidico giorno, non avendo legami, aggiungere particolari può essere giustificabile, ma fino ad allora non è conveniente farlo.

In fondo bisogna agire di astuzia, perché comportarsi professionalmente in ogni occasione o tentare di fare questo ripaga sempre e non lede gli interessi di nessuno.

Caratteristica sempre ben apprezzata è la riservatezza, questa assume una rilevanza importante per il datore di lavoro e diventa anche motivo di rimpianto per quest’ultimo quando la resa dei conti non viene minimamente presa in considerazione dal dimissionario che si limita ad ottemperare ai propri obblighi e si attiene alle indicazioni ricevute in occasione del passaggio di consegne.

A tale momento deve essere dedicata attenzione ed è necessaria massima accuratezza se non altro per evitare si venga cercati successivamente per delucidazioni. Tenere traccia personale, senza violare la normativa sulla privacy, del passaggio è vivamente consigliato.

Evidenziati alcuni momenti cruciali risulta poi più agevole gestire i rapporti con i colleghi quasi ex.

Quanto non si è ex colleghi, ma colleghi che condividono anche la vita privata certamente vi sono atteggiamenti differenti a seconda delle caratteristiche personali e per facilitare l’analisi dell’argomento proposto ho pensato di proporre un’intervista a chi, da parecchio tempo, vive questa condizione.

Quindi il presente argomento non termina oggi, non con questa breve presentazione, bensì con l’intervista doppia che è spunto di riflessione, in quanto caratterizzata da concretezza e non da banali supposizioni.

Tutti siamo utili e nessuno è indispensabile

2 – I Selezionatori

Selezionatore si diventa.! Non vi è un percorso universitario dedicato specificatamente alla preparazione professionale di questa importantissima figura, nonostante il supporto della formazione post-universitaria fruibile in differenti forme.

Provenendo da ambiti anche molto diversi fra loro, i selezionatori riescono a prestarsi alla mansione, con una sfera di competenze che risulta strettamente dipendente dalle esperienze maturate in itinere. Questa particolarità fa sì che risulti difficile stabilire i criteri di valutazione di un buon selezionatore, dal momento che il candidato pondera la scelta connessa alla proposta anche in funzione della persona che la offre. Suggerimento è analizzare non solo le performance, ma soprattutto il background.

Ad effettuare i colloqui provvedono professionisti che hanno conoscenze ed obiettivi, soventemente, definiti caso per caso. Di certo è capitato a diversi di confrontarsi con almeno uno dei selezionatori qui individuati.

Obiettivo della trattazione è suggerire le riflessioni che possano aiutare ad eliminare o attenuare quella sensazione di disagio tipica del colloquio di lavoro. Per far ciò ho tenuto in considerazione le informazioni necessarie al candidato, che è sempre colui che deve ottenere benefici dai 12 argomenti Aknale.

Affrontando serenamente la selezione si hanno maggiori possibilità di risultare il profilo ricercato. Nel caso in cui non si ottenga alcuna proposta di lavoro, il colloquio sostenuto avrà comunque contribuito ad acquisire confidenza con la situazione e padronanza di sé, le quali sono fondamentali per poter proseguire la propria ricerca di un’occupazione in maniera consapevole. Non è una banalità affermare che la ricerca di una occupazione è anch’essa un lavoro. Impegnativo e per il quale il candidato deve spendere energie ed anche ingegno.

Prima di sostenere il colloquio chiunque dovrebbe avere la premura di ricercare informazioni sul selezionatore che si troverà ad avere di fronte, tramite profilo social ad esempio. Sicuramente non sarà difficile trovarlo!

I nostri selezionatori pubblicano spesso e volentieri post che fungono da valido supporto al candidato. Non è detto che siano sempre cauti nel farlo e qualche condivisione, guidata dall’istintività (che dovrebbe essere estranea a chi è “il biglietto da visita dell’azienda”) evidenzia caratteristiche del professionista utili a chi deve affrontarlo ed anche “conquistarlo”.

Ipotesi di base: primo colloquio in azienda con una delle tipologie sotto elencate. Infatti, nel caso fossero previsti più step, si incontrerebbero questi selezionatori in ordine differente.

Selezionatore – titolare dell’azienda

Spesso il titolare si improvvisa anche selezionatore e ciò nelle piccole realtà è la prassi, per questioni organizzative e di economicità.

Quando, anche nelle realtà più grandi, la stessa figura effettua i colloqui bisogna osservare che, nel caso si tratti di avvenimento non occasionale (quindi si “baypassa” frequentemente l’ufficio HR), si manifesta poca fiducia negli addetti ai lavori.

Tuttavia ciò non è di primaria importanza, né può esser considerato necessario approfondire oltre. In questo momento la nostra attenzione è focalizzata sulle informazioni di cui necessita il nostro candidato.

Questi, dopo aver appurato che il titolare ricoprirà il ruolo di selezionatore, avrà ben chiaro il dato di fatto che la sua figura interessa anche i vertici, quindi potrebbe trarne vantaggio. Il titolare si soffermerà sulle qualità della sua “casa” e sui futuri obiettivi (che saranno ovviamente in crescita!), cercherà di affascinare il candidato, se lo reputa un talento sulla base delle prime impressioni. A tal proposito non vi sono molti titolari che tardano a dare un giudizio immediato. Volendo riempire una posizione vacante, non potranno che velocizzare il processo di selezione e di conseguenza l’elaborazione di un proprio giudizio.

Non crediate che possa parlarvi dettagliatamente di aspetti squisitamente tecnici riguardanti l’inquadramento, perché quello per il selezionatore – titolare è di competenza esclusiva dell’ufficio paghe.

Non lascerà trasparire eventuali problematiche ambientali all’interno dell’ufficio di destinazione o, se lo farà, ve la porrà come una grande sfida e le uniche informazione che probabilmente potrà fornire più dettagliatamente saranno quelle relative alla mansione, rimandando ulteriori chiarimenti ad un secondo colloquio tecnico con il responsabile diretto dell’ufficio.

La condizione del candidato sarà, quindi, sottoposta ad un giudizio abbastanza soggettivo e le informazioni saranno lacunose, ma la presentazione del titolare è la presentazione dell’azienda. Farsi un’idea sul contesto lavorativo sarà relativamente più immediato, perché già si è potuto conoscere il vertice.

Selezionatore – profilo tecnico-operativo

Per profilo tecnico intendo il selezionatore con background tecnico che non ha sviluppato, se non raramente, qualità comunicative e che cerca di andare diritto al sodo, soffermandosi sulle competenze specifiche del candidato. Il selezionatore tecnico è in questo caso, quindi, il responsabile diretto dell’ufficio. Quello che sa bene di cosa necessita il team e che figura ricercare. Saprà fornire una dettagliata definizione delle attività inerenti la mansione e la posizione vacante, cercherà di entrare in sintonia con il candidato, per comprendere se possa essere la persona giusta da affiancare al resto del suo team, onde evitare di introdurre qualcuno che possa rompere gli equilibri preesistenti.

In merito ai dettagli sull’inquadramento in questo caso non è frequente che il selezionatore sappia molto di più di quanto stabilito dal budget di cui dispone, quindi sarà poi l’ufficio paghe o HR a fornire i chiarimenti necessari, solo al momento dell’inserimento a meno che il candidato non sottolinei l’importanza di questi dati.

Il vantaggio di conoscere il probabile futuro responsabile sta nel fatto che si ha già di fronte la persona che impartirà le direttive, quindi anche la chiarezza espositiva e le emozioni scaturire dal colloquio risulteranno fondamentali in caso di esito positivo del colloquio per valutare una eventuale proposta di lavoro.

Selezionatore – profilo umanistico-psicoattitudinale

Spesso all’ufficio HR si prestano i profili di stampo umanistico, i quali in virtù di questa formazione, risultano essere quelli che più agevolmente mettono il candidato nella condizione di sentirsi a proprio agio, ciò perché sono in grado di valutare immediatamente gli aspetti squisitamente caratteriali.

Difficile che il selezionatore di formazione umanistica possa fornire le informazioni tecniche inerenti la mansione, soprattutto se si tratta di azienda di medio-grande dimensione. L’inquadramento contrattuale verrà esposto sommariamente perché questo selezionatore mira a inquadrare la persona, oltre al professionista e l’impegno sarà volto principalmente in quella direzione.

Non pensiate che possa trasparire l’impressione che avete fatto, questo profilo è certamente capace di mantenere un atteggiamento imperscrutabile.

Selezionatore – intermediari (agenzie di selezione)

Quando il servizio di selezione viene affidato ad intermediari questi hanno un obiettivo: trovare la figura corrispondente il più possibile a quella della ricerca commissionata dall’azienda.

L’intermediario fa una accurata scrematura CV, basata sulle competenze specifiche e le ambizioni lavorative dei candidati. Se il contratto è redatto direttamente dall’azienda, quindi non tramite contratto di somministrazione per esempio, non saranno assolutamente in grado di darvi informazioni sull’inquadramento.

Effettuare il colloquio con l’intermediario e come farsi scattare una fotografia, per cui è necessario essere reattivi e mantenere altissima l’attenzione del nostro interlocutore nei nostri confronti perché, di norma, i competitors sono numerosi.

Questo è il primo step, poi, in azienda, ci si troverà di fronte ad un altro selezionatore.

Selezionatore – profilo economico-amministrativo

Il profilo economico-amministrativo è quello che avrà certamente confidenza con gli aspetti prettamente monetari e quindi saprà fornire una descrizione piuttosto accurata dell’inquadramento contrattuale previsto, ma sarà lontano dai tecnicismi della mansione cui adibire il profilo ricercato per la posizione vacante, se non dopo aver accuratamente raccolto informazioni.

Quando questo avviene il quadro della situazione può risultare definito abbastanza chiaramente, nonostante questa tipologia non si interesserà agli aspetta comportamentali.

È caratterizzato da una velocità di pensiero che gli consente di esprimere un giudizio abbastanza in fretta sul candidato. Obiettivo del selezionatore economico è l’efficienza.

Quanto sopra ha lo scopo di imparare a porsi, nei confronti del selezionatore, sì con umiltà (come dovrebbe avvenire anche nell’ordinaria amministrazione della vita lavorativa quotidiana) ma con determinazione ed anche cercando di carpire immediatamente le caratteristiche di chi ci valuta, per fare altrettanto!

Concluderei questo argomento elencando alcune delle domande da rivolgere in sede di colloquio, ricordando che alcune risulteranno ovvie per i più esperti, ma Aknale punta a soddisfare il maggior numero di lettori, soprattutto quelli alle “prime armi”!!!

A queste domande non saranno in grado di rispondere tutti i selezionatori, per tutto quanto scritto in relazione alle varie tipologie.

  • Tipologia di inserimento previsto (stage, tempo determinato, tempo indeterminato, ecc..);
  • Contratto collettivo nazionale applicato dall’azienda;
  • Periodo di prova, ove previsto;
  • Orario di lavoro (se possibile usufruire dell’home working o dello smart working);
  • Welfare;

«Ogni uomo è un abisso, e dà le vertigini a guardarci dentro.»

Georg Büchner, 1836

8 – CV

In merito alla stesura del proprio CV bisogna tenere presente una serie di variabili.

LE DIVERSE SOLUZIONI IN FUNZIONE DEL DESTINATARIO

Per questo motivo potrebbe essere conveniente per alcuni avere più CV, io ad esempio lo aggiorno in 3 differenti versioni: una classica europass per le aziende più tradizionaliste, uno sintetico e riassuntivo per adeguarmi a ciò che i miei competitors al momento usano nel candidarsi alle posizioni aperte.

Infine una ridotta, da consultare soltanto. Si tratta della compilazione on line del mio CV, tramite l’invio alle aziende di un link che rimanda al documento.

Aggiornare il curriculum si deve tradurre nell’aggiornare il format adatto, ricordando che la buona regola è non farne uno esageratamente lungo poiché potrebbe essere per il candidato un’arma a doppio taglio.

Un selezionatore, prima di tutto, trova inutilmente ridondante un CV lungo ed, oltre questo, fornireste al vostro destinatario una serie di informazioni dettagliate che non servono assolutamente a nulla se non ad alimentare la noiosa lettura.

NON INDICARE COMPETENZE NECESSARIE CHE NON SI POSSIEDONO

Imparare a “vendersi” come si fosse un prodotto, senza inserire informazioni non corrispondenti alla realtà (ad esempio indicando un livello di conoscenza della lingua straniera più altro solo per impressionare il recruiter).

Riassumo ciò che occorre considerare:

  • Propria professione e evidenziare le caratteristiche che possono aumentare le possibilità di esser preso in considerazione;
  • Tipologia di candidatura, se in risposta ad un annuncio oppure se si tratta di candidatura spontanea, dal momento che nel primo caso il focus è la posizione vacante e nel secondo il focus è la propria professionalità ed anche determinazione;
  • Azienda destinataria (ed optare per il formato più adatto);
  • Predisposizione della presentazione personale;
  • Aggiunta di lettera di referenze se lo si ritiene utile.

Elementi essenziali del CV:

  • Nome, cognome, data e luogo di nascita;
  • Recapiti telefonici;
  • Residenza e domicilio;
  • Link a profilo sociale lavorativo;
  • Esperienze lavorative più importanti;
  • Titolo di studio (di grado più alto);
  • Conoscenze linguistiche;
  • Conoscenze tecnologiche (in forma tabellare riassuntiva);
  • Caratteristiche principati personali e motivazionali;
  • Competenze trasversali;
  • Hobbies;
  • Luogo, data e firma CV;
  • MODELLO CERTIFICAZIONE SOSTITUTIVA “Ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. n. 445/2000, consapevole delle responsabilità e delle sanzioni penali previste dall’art. 76 dello stesso D.P.R. per false attestazioni e dichiarazioni mendaci, sotto la propria responsabilità, il sottoscritto dichiara che quanto riportato nel presente curriculum vitae corrisponde al vero”;
  • AUTORIZZAZIONE AL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI “Autorizzo il trattamento dei miei dati personali presenti nel cv ai sensi dell’art. 13 del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196 “Codice in materia di protezione dei dati personali” e dell’art. 13 del GDPR (Regolamento UE 2016/679)”.

Sii fedele a te stesso, se vuoi che gli altri non ti tradiscano